Voglio andare via. Non mi piace
star qui. Mi ripetono di stare tranquilla, buona, di essere gentile. Di non
farli arrabbiare. Di non ribellarmi. Di comportarmi bene. Di fare quel che mi
dicono. Di fare come mi dicono. Di obbedire. Ma io voglio andare via. Ci ho già
provato una volta ma mi hanno ripresa subito. Dove credi di andare, mi hanno
detto. Ora vedrai che cosa succede a quelle come te. Non me le hanno date, oh
no. Peggio, molto peggio. Mi hanno riempita di pillole. Mi hanno farcita come
un pollo, e sono diventata come un pollo. Stupida, balbettante e incapace di
volare. Ma me ne andrò. Lo so io e lo sanno loro. Per questo sono diventati
molto più attenti: ogni passo, ogni singola cosa che faccio è controllata. E
giudicata. E se non gli va a genio il controllo si fa più stretto, la mia
libertà di movimento sempre minore. Irrisoria. Entrano nella mia stanza di
notte e di giorno, spiano quel che riesco a scrivere. Lo so. Ho messo dei
capelli tra le pagine del mio diario e la mattina non li trovo più. Hanno
letto. Allora ci ho scritto che mi spiano e loro me l’hanno buttato, e hanno
aumentato le pillole. A volte riesco a sputarle, ma non sempre. Sono
intorpidita, mi fa male la testa, lo stomaco, tutto. Anche in bagno non posso
più chiudermi a chiave. L’hanno tolta. Dicono che è per il mio bene, perché non
mi succeda qualcosa di male. Che cari. Intanto ho sempre più freddo. Meglio.
Prima arriva l’inverno, prima compio diciott’anni. E me ne vado di casa.
Creative Commons Attribuzione-Non
commerciale-Non opere derivate 2.5