Cuando quieran
verme ya saben:
búsquenme donde no estoy
y si les sobra tiempo y boca
pueden hablar con mi retrato.*
Pablo Neruda – Sobre mi mala educación
Nacqui subito femmina; in seguito, e con non poca
fatica, sono diventata donna. Antipatica e ostinata come solo le persone
intelligenti sanno essere (e come le donne veramente intelligenti dovrebbero
fingere di non essere, dal che si può inferire che io sia più intelligente come
persona che come donna: fate pure. Tanto poi vi confuto), venni in giovane età
definita da Renato Nicolini, allora segretario della sezione del P.C.I. da cui
in seguito provvidi a farmi espellere (per aver contravvenuto al quinto
articolo dello statuto, di cui in rete non ho trovato traccia, il che –
violenti o nolenti – equivale a dire che non ce n’è), “marxista-calvinista” per
il rigore puntiglioso con cui affrontavo la vita.
Tale definizione non mi fu d’impaccio
nell’attraversare gli anni che mi attendevano e nei quali mi lasciai andare a
derive che mi impedirono di accumulare (o mi permisero di disperdere, tutto
dipende dal punto d’osservazione) titoli di studio accademicamente impeccabili.
Fermamente convinta che le opere
d’arte dovrebbero tutte e senza eccezioni essere costantemente a disposizione
dei popoli e però altrettanto sicura che di contraddizioni si possa essere
pieni o viceversa ricchi, apprezzerei il ladro che riuscisse a procurarmi Giuditta
e Oloferne di Caravaggio, anche se oggi forse non lo appenderei più di
fronte al letto. Forse.
Potessi viaggiare nel tempo vorrei
trovarmi il 28 marzo del 1941 sulle sponde dell’Ouse, dove farei l’impossibile
per salvare Virginia Woolf, e lo dico a costo di vivere la seconda guerra
mondiale.
Parlo, leggo e scrivo in varie lingue
nate in Europa. Riconosco con gratitudine di aver avuto maestri e maestre, da
ciascuno e ciascuna dei quali ho appreso insegnamenti preziosi mai quanto il
primo, “va’ e vedi con i tuoi occhi” (da mio nonno).
Sono piena di cicatrici e la mia
vagina ha l’orlo a sopraggitto.
Tra tutti i doni ricevuti benedico la
memoria.
So fare il pane e il vino, nuoto sopra
e sott’acqua, vogo bene e so tenere la barra di un timone. Ho percorso finora
circa mezzo milione di chilometri su questo pianeta senza mai guidare alcun
mezzo di trasporto aereo o terrestre, nemmeno la bicicletta. In genere riesco a
non odiare ma con le paranoie di potenza – guerra, sicurezza, dominio sul corpo
e sul pensiero altrui, sfruttamento dei frutti della fatica d’altri – mi viene
ogni giorno più difficile.
Vivo in campagna insieme a un uomo e
una gatta e, grazie a dio, sono atea.
* Quando vorrete vedermi, già sapete:
cercatemi dove
non sono
e se vi avanza
tempo e bocca
potete parlare
col mio ritratto
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